La sede apostolica ‘occupata’
ovvero: la schizofrenia come principio di teologia
- Note alla tesi del „Papa materialiter, non formaliter“ di des Lauriers -
di
Eberhard Heller
trad. Dr. Alfons Benedikter
Non ciò che Lei pensa!
Non c’è stata una nuova elezione papale. Meno male, penseranno molti.
Abbiamo già troppi ‘Santi Padri’: Bawden, Linus II, Gregorio (di
Palmar) ecc.
D'altra parte un’elezione papale non è neanche necessaria, poiché
Giovanni Paolo II mantiene tuttora occupata questa sede. Ciò non lo
dicono soltanto i modernisti e i riformisti, non soltanto gli Ecônisti
e i membri della Fraternità di San Pietro, no, anche i des-Lauriersisti
che si sono stabiliti nell'Italia settentrionale e negli Stati Uniti
sono di questo parere... in contrasto con noi sedevacantitsti. Ridotto
ad un unico denominatore, questo giudizio è il risultato di una
rinnovata breve disputa con un gruppo della resistenza ecclesiale che
credevo perseverasse ancora soltanto per ragioni di pietà rispetto al
loro mentore teologico di un volta, Des Lauriers, nella tesi errata del
„Papa materialiter, non formaliter“. Ma tutt'altro è vero. La virulenza
di questa tesi, che costituisce il fondamento di tutto un sistema
teologico che per i propri seguaci è ancora più importante dello stesso
depositum fidei, è ancora illesa nel gruppo intorno a don Ricossa. Poco
tempo fa persino la consacrazione dell'abbé Stuyver/Belgio, effettuata
il 16 gennaio di quest'anno da parte del vescovo McKenna, è stata
motivata con il fatto che egli aderisce a questa tesi. Da poco tempo
abbiamo dunque un vescovo cosiddetto ‘tesista’ cui si è associato, in
giugno, un secondo, cioè l’Abbé Sanborn negli USA. Motivare la
consacrazione di vescovi con il fatto che aderiscono ad un determinato
teorema, segna certamente un evento singolare dal punto di vista
teologico e storico-ecclesiastico.
Introduzione, ovvero: I detti morti vivono più a lungo
Il 17 dicembre 2001 avevo ancora scritto a don Ricossa: „Lei vuol far
consacrare l’Abbé Stuyver perché sostiene la tesi di des Lauriers detta
del ‘Papa materialiter, non formaliter’, la quale è in con-trasto con
il giudizio di accertamento espresso da S.E.Mons.Ngô-dinh-Thuc nella
sua nota DECLARATIO del 1982, secondo la quale la Santa Sede romana è
vacante. Come Le dovrebbe essere noto, l'autore di questa tesi, Mons.
Guérard des Lauriers la ha più o meno riveduta alla fine della sua vita
(cfr. in merito la relativa lettera nelle “SAKA-Informationen” del
maggio 1988). Nonostante questa revisione Lei e la sua comunità
insistono su di essa, senza avere, per quanto io sappia, motivato
teologicamente questa perseveranza.“
In connessione con la consacrazione dell’Abbé Stuyver, compiuta su
sollecitazione di don Ricossa, un ex-Ecônista, contro numerose proteste
da parte di sacerdoti della Francia e del Belgio cui io mi ero
associato e contro la preghiera insistente di numerosi membri della
comunità dei fedeli che per impedire la consacrazione avevano recitato
una novena (sapendo che il loro sacerdote non era idoneo per questo
ufficio), si dimostrò con quale ostinatezza i soci della comunità
„Mater boni consilii“ (Madre del buon consiglio) di Verrua di Savoia
(Italia) rimangono ancora attaccati a questo cadavere teologico. Eppure
in un primo tempo sembrava che anche don Ricossa aderisse a questa tesi
soltanto per pietà, poiché nella vita religiosa giornaliera collaborava
strettamente con sacerdoti sedevacantisti come il vescovo Dolan, l'Abbé
Barbara e il parroco Schoonbroodt, il quale in quell'Istituto aveva
spesso svolto degli esercizi spirituali. Proprio a costui aveva
dichiarato che avrebbe preso le distanze da questa tesi, quando avesse
trovato una spiegazione migliore per interpretare l'attuale stato della
Chiesa. Credere che ciò avvenga è stato un errore! I detti morti il più
delle volte vivono più a lungo… purtroppo.
Nonostante le numerose obiezioni e confutazioni della tesi „Papa
materialiter, non formaliter“ (penso in particolare alle dissertazioni
accurate di Myra Davidoglu, Francia, sulla rivista LA VOIE, ma anche
alle argomentazioni svolte nella EINSICHT, i discepoli di Mons. des
Lauriers non sono accondiscesi ad una disputa reale. Essi continuano a
chiudere un occhio sul fatto che insistendo su una posizione non
sostenibile, tutti i nostri sforzi per la restituzione della Chiesa
continuano ad essere sensibilmente paralizzati.
Siccome don Ricossa, in cui scorgo il principale responsabile di queste
imprese, finora non ha reagito alla mia proposta di esaminare di nuovo
e formalmente la dignità della tesi, o per arrivare ad una posizione
comune o per separarci a causa di differenze teologiche insuperabili,
vedo da parte mia soltanto la possibilità di presentare di nuovo gli
argomenti svolti contro questa tesi... nella speranza di contribuire
con ciò ad un chiarimento definitivo per gli spiriti e di aiutare a
trovare una decisione relativa a questa importante questione. A questa
esposizione sistematica faccio seguire una descrizione delle
circostanze nelle quali il P. Guérard des Lauriers fu consacrato
vescovo nel 1981.
„Papa materialiter, non formaliter“ - cosa significa questa formula?
Cosa significa questa formula con la quale il vescovo Guérard des
Lauriers ha cercato di interpretare lo status religioso ed
ecclesiastico di Giovanni Paolo II, vedendo il titolare legittimo (dal
suo punto di vista) del trono pontificio in conflitto con il dovere,
conforme al suo incarico, di salvaguardare la fede.
Secondo la concezione di des Lauriers, da lui pubblicata nella rivista
CASSICIACUM, Mons. Wojtyla è stato legittimamente eletto papa - da una
pars minior e sanior, cioè da circa 10 cardinali, che erano stati
nominati ancora da Pio XII, per cui è “Papa materialiter”. Siccome però
come papa sostiene abitualmente l’eresia (il che non dovrebbe fare come
supremo maestro!) egli non è papa in senso formale, ma è “Papa non
formaliter”, perché non agisce come un papa. Ma rimane “Papa
materialiter”, cioè rimane per così dire un papa potenziale. Quando
cioè nelle cose della fede e della morale proclamasse nuovamente
dottrine ortodosse come supremo maestro e pastore, Giovanni Paolo II
sarebbe di nuovo papa sia “materialiter” che “formaliter”, cioè, per
dirlo in una maniera comprensibile a tutti: diventerebbe/sarebbe di
nuovo un papa del tutto normale.
Nelle SAKA-INFORMATIONEN del gennaio 1984 il vescovo Guérard des
Lauriers scrive: „Attualmente la Chiesa militante è ‘occupata’ e messa
in uno stato di privazione (mise en état de privation). W. [cioè
Wojtyla], eletto regolarmente (lo ammetto fino a prova contraria) da un
conclave composto di 10 cardinali autentici (che non hanno protestato
contro l'elezione), prende quindi possesso della sede papale; quindi è
papa ‘materialiter’ (secondo i fatti giuridici esterni). Accanto ad
altre mancanze al proprio dovere, W. [Mons.Wojtyla] sostiene
abitualmente l'eresia. È evidente che W. arreca danno al ‘bene comune’
il quale nella Chiesa militante di per sé dovrebbe essere promosso da
quest’ ufficio. Quindi W. in base al diritto naturale è metafisicamente
e giuridicamente incapace di esercitare l'autorità. In forza del
diritto naturale che in ultima analisi deriva da Dio stesso, W. non ha
l'autorità fattuale. Egli non è e non può essere papa ‘formaliter’ (in
senso proprio, cioè interiormente). Non gli si deve obbedire perché le
sue disposizioni sono nulle.” Annoto soltanto che il vescovo Guérard
des Lauriers, connettendo la sua tesi al presupposto dell’elezione
regolare di Wojtyla, avrebbe dovuto presentarla soltanto come ipotesi.
A questa dizione si attiene anche l’autopresentazione dell'Istituto
„Mater boni consilii“ cui appartiene anche Ricossa: „Chiunque può
constatare come la Chiesa venga purtroppo afflitta da tempeste
profetizzate dal Signore, probabilmente le peggiori della sua storia
bimillenaria. Nell'Istituto si è del parere che l'origine di tutto ciò
e da ricercare nel Concilio vaticano secondo. Allora venne introdotta
la nuova dottrina della collegialità dei vescovi, della libertà
religiosa, del ecumenismo e dell’appartenenza degli acattolici al corpo
mistico di Gesù Cristo, la nuova dottrina sulle religioni non cristiane
e specialmente il giudaismo, sul rapporto tra la Chiesa e il mondo di
oggi, che sono esattamente in contrasto con la dottrina della Chiesa,
di tanti papi e concilii ecumenici. La riforma liturgica, specialmente
della santa messa e quella del diritto canonico è nociva per le anime,
favorisce l'eresia protestante e ammette ciò che è proibito in base al
diritto divino (come per esempio gli atti di culto in comunione con
eretici). Ciò non può derivare dalla Chiesa cattolica che viene retta
dallo Spirito Santo e dal successore legittimo, infallibile di san
Pietro. In mezzo a questa crisi senza esempio, che per necessità
trascina tutti coloro che hanno approvato i documenti conciliari e le
riforme che ne derivano, l'Istituto non può accettare le nuove
dottrine, contrarie alla fede e alla morale, ma non può neanche
istigare i fedeli alla disobbedienza verso l'autorità legittima della
Chiesa. Perciò l'Istituto sostiene la cosiddetta tesi di Cassiciacum
(questa denominazione deriva dalla rivista teologica sulla quale la
tesi stessa venne esposta per la prima volta). Questa tesi venne
elaborata dal P. Guérard des Lauriers, di felice memoria, membro
dell'Accademia papale di san Tommaso, ex professore all’Università
papale lateranense e a le Saulchoir (Francia). Secondo questa tesi
Paolo VI e i suoi successori non possiedono l'autorità papale, benché
regolarmente eletti. Secondo le categorie della teologia scolastica e
secondo il cardinale Gaetano, il grande commentatore di san Tommaso del
16° secolo e secondo il dotto Roberto Bellarmino, il quale ha ripreso
di nuovo questa distinzione, essi sono ‘papi’ soltanto materialiter ma
non formaliter. Siccome non realizzano il bene della Chiesa e nel campo
della dottrina diffondono errori ed eresie, non ottengono da Cristo
alcun potere per governare, per inseg-nare e santificare i fedeli,
finché non revocano questi errori.“ (Lo si può verificare con una
richiesta rivolta all'”Istituto Mater Boni Consilii”, Località
Carbignano 36, I-10020 Verrua Savoia, tel. 0161/ 839335, fax
0161/839334, e-mail: sodalitium@plion.it, e tramite la homepage:
www.plion.it/sodali.)
Nonostante le affermazioni sopraccitate, secondo le quali Mons. Wojtyla
diffonderebbe “nel campo della dottrina errori ed eresie”, il capo
teologico dell'Istituto, don Ricossa, respinge il rimprovero che
Giovanni Paolo II sarebbe un eretico “formale”. In parole povere,
Ricossa ritiene che Mons. Wojtyla non si rende conto di quello che
dice.... come presunto supremo maestro! Questa concessione di Ricossa è
tanto più incomprensibile in quanto egli, allontanandosi da Ecône, ha
motivato questo passo con una dichiarazione nella quale insieme a tre
altri padri (Munari, Nitoglia e Murro) condanna gli errori di Ecône
concernenti l'autorità del papa e del magistero.1)
Siccome Wojtyla è rimasto “Papa materialiter” nonostante la sua notoria
eresia (un autore americano elenca solamente 101 eresie di Giovanni
Paolo II!!) - completo: nonostante la sua apostasia -, non si può dire
che la sede apostolica non sarebbe occupata (coerentemente l'Istituto
portava lo stemma di Giovanni Paolo II nella sua website precedente).
Egli solamente non è “attivamente” papa relativa-mente all'adempimento
dei suoi compiti che si attende da lui. Perciò Ricossa e i suoi seguaci
non possono, per ripetere questa sentenza, “istigare i fedeli contro
l'autorità legittima della Chiesa” (s’intende: Mons. Wojtyla).
Semplificando, la tesi del “Papa materialiter, non formaliter” può
essere ridotta alla formula: Giovanni Paolo II venne legittimamente
eletto papa. Egli lo rimane anche se tra l’altro „sostiene abitualmente
l'eresia“. Solamente non si deve obbedire a queste disposizioni
eretiche. Se Giovanni Paolo II tornerà a sostenere la dottrina della
Chiesa, egli tornerà ad essere papa in misura piena. Occorre soltanto
aspettare la sua conversione.
Questa posizione si presta ad essere contestata sotto più aspetti:
1. Corrisponde essa all’argomentazione finora sviluppata dalla Chiesa sulla questione del “Papa haereticus”?
2. Giovanni Paolo II venne effettivamente eletto in maniera legittima?
3. Può un eretico essere e risp. rimanere papa?
4. Quali conseguenze ne risultano per la progettata ricostruzione della Chiesa?
1. Una nuova creazione teologica
A prima vista la tesi del „Papa materialiter, non formaliter“ sembra
suonare molto plausibile: un papa come supremo maestro della Chiesa non
può essere al contempo proclamatore di eresie. E se lo fa ugualmente,
non gli si deve obbedire... fino a quando non ritorni di nuovo
all'ortodossia; egli rimane però papa potenziale, poiché è stato eletto
tale!
Nel corso degli anni sono venuto a sapere con crescente meraviglia che
la maggior parte dei chierici e dei fedeli faticano a concepire che un
papa possa cadere in eresia (“papa haereticus”). Il papa (o ‘papa’)
negli occhi di molti è “una fortezza inespugnabile” e si farà a mala
pena a smantellarla. Io con ciò non intendo soltanto il grande pubblico
la cui opinione concorrono a formarla anche i cattolici modernisti (si
osservi soltanto la venerazione acritica, in parte entusiasta, di Mons.
Wojtyla cui acclama persino la stampa liberale 2), ma anche molti
chierici e laici tradizionalisti. Non aveva forse Cristo stesso
promesso a Pietro: „Tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la
mia Chiesa“ (Matt. 16,18)? Inoltre nel primo Concilio vaticano venne
proclamata l'infallibilità del Papa come dogma vincolante:
„Quando il vescovo romano parla ex
cathedra, cioè quando, fungendo del suo ufficio quale pastore e maestro
di tutti i cristiani, decide definitivamente con la massima autorità
apostolica che una dottrina sulla fede o sulla morale debba essere
osservata da tutta la Chiesa, allora egli in base all'aiuto divino che
gli è stato promesso nella persona di san Pietro, possiede quella
infallibilità della quale il Redentore divino volle ditare la sua
Chiesa nelle decisioni definitive relative alla dottrina della fede e
della morale. Queste decisioni definitive del vescovo romano sono
quindi immutabili per sé stesse e non in base al consenso della Chiesa“
(Denz. 1839).
Semplicemente, non poteva avvenire ciò che non doveva avvenire! Che
cioè un papa diventasse eretico! Se quindi una volta relativamente alla
persona di Paolo VI si parlava di eresia e scisma (penso alle sottili
dissertazioni dell'Abbé de Nantes, tra l'altro al suo „Liber
accusationis” o alle analisi svolte sulla sua rivista CRC) venne
manifestato in maniera legalistica, anzi “mistica”, che il papa rimane
papa anche quale possibile od effettivo eretico. Infine c'era ancora il
trucco teologico dell’ eretico che però non era “formale”. Spesso si
cercavano ragioni per dimostrare che Montini in verità non era mai
diventato papa. Il signor dott. Gliwitzky una volta aveva
caratterizzato questo atteggiamento giustamente come segue: „La
rinuncia abituale a rendere la fede comprensibile alla ragione è una
delle radici più profonde della cosiddetta crisi in cui ci troviamo.
Tutto il nostro sforzo deve perciò concentrarsi sul promuovere,
osservando i segni, la scienza sulla distinzione tra i casi in cui si
ha solo un’opinione o un desiderio, da quelli in cui si spera, da
quelli ancora in cui si crede e quelli in cui in verità si
sa”(“Einsicht”, prima annata, n. 12, pag. 37 - articolo „Garabandal“).
Per questo P. Guérard des Lauriers aveva riassunto il suo
atteggiamento, psicologicamente forse comprensibile, nella sua tesi
come in una formula. Ma corrisponde essa alla dottrina della Chiesa
oppure riflette essa la concezione dei suoi dottori? Già nel 9° secolo
san Pascasio osserva: „Chi cerca qualcosa fuori della verità troverà
soltanto falsità e se non accetta quanto detto da Cristo si pone fuori
della verità” 3) Ciò vale naturalmente anche per il papa. “Così un papa
può separarsi dal capo, cioè da Cristo, per disobbedienza in affari di
culto, la cui custodia rientra nel suo dovere. A un tale papa, che vuol
distruggere la Chiesa, devono opporsi tutti i cristiani.“ 4) „Un papa
che sostiene eresie“, osserva Suárez, „non è più papa, e se sbaglia,
non sbaglia più come papa, come anche la Chiesa (con ciò) non sbaglia;
essa può eleggerne un altro. 5) In „Romani pontificis in definiendo
infallibilitas“ si dice: „Un papa per il solo fatto che si rende
colpevole di eresia, si trova fuori della Chiesa ed è rimosso dal suo
ufficio da Dio stesso.“ 6) „Un eretico manifesto non può quindi essere
papa“, così suona il giudizio del dottore della Chiesa san Roberto
Bellarmino. 7) Perciò è incompresibile il fatto che Ricossa nella sua
motivazione della tesi di des Lauriers faccia riferimento a san
Bellarmino, tanto più che Bellarmino non solo non conosce la
distinzione tra papa “formaliter” e “materialiter”, ma esclude
esplicitamente la possibilità che un papa, quale papa, possa essere
eretico (in “De Romano Pontifice”).
Se si confronta la tesi di des Lauriers con queste posizioni, si può
facilmente constatare che in esse non avviene una scissione del papa in
un papa “attuale” e uno “potenziale”. L'eresia ha per lui la
conseguenza immediata della perdita dell'ufficio.
Come dimostra la teologa Myra Davidoglou, la tesi del “Papa
materialiter, non formaliter” è nuova: "Tous les papes que l'Eglise
catholique a connus depuis sa fondation sont papes formels; l'idée d'un
pape potentiel ayant droit à titres de Pontife romain et au Siège
apostolique est une nouveauté, en déduire de l'Ecriture sainte ou de la
Tradition apostolique, les deux seules sources de la Révélation divine,
ni même de l'histoire de l'Eglise, la possibilité de l'existence d'un
tel pape. Sous ce rapport, nous avons donc affaire à une doctrine
purement humaine dont nous nous bornerons" (LA VOIE, 1991, n.21, pag.
2: “Analyse logique et théologique de la thèse dite de Cassiciacum”)
(“Tutti i papi che la Chiesa ha conosciuto sin dalla sua fondazione
sono papi formali; l’idea di un papa potenziale avente diritto ai
titoli di Pontefice romano e alla Sede apostolica è una novità tale che
né dalla Sacra Scrittura né dalla Tradizione apostolica, le due uniche
fonti della Rivelazione divina, e nemmeno dalla storia della Chiesa può
essere dedotta la possibilità dell’esistenza di un tal papa. Sotto
questo aspetto abbiamo quindi da fare con una dottrina puramente umana
[cioè puramente personale] della quale accontentarci”).
Myra Doglou continua: "Dira-t-on que celui a perdu la papauté n'en est
pas pour autant déchu ? (...) Et pourtant, c'est sur 'l'apparaître',
comme il dit, que l'auteur va s'appuyer pour tenter d'établir
l'occupation non de fait (laquelle est évidente), mais de droit du
Siège de Pierre par des hommes comme Montini ou Wjtyla, dont lui-même
nous rappelle par ailleurs qu'ils sont des hérétiques, donc en droit
sinon en fait hors de l'Eglise, parce qu'excommuniés et anathématisés
par le Concile du Vatican (1870)" (LA VOIE, 1991, n.21, p.3) (“Se si
dirà allora che costui ha perso il papato, non ne è allora decaduto?
(…) Eppure è sull’’apparenza’, com’egli dice, che l’autore si appoggia
per tentare di provare l’occupazione non di fatto (il che è evidente),
ma di diritto della Sede di Pietro da parte di uomini come Montini o
Wojtyla, dei quali lui stesso altrove ci rammenta che sono degli
eretici, e quindi di diritto, se non di fatto fuori della Chiesa,
perché scomunicati ed anatematizzati dal Concilio Vaticano (1870)”).
Des Lauriers non nega la possibilità della sedevacanza, ma questa a suo
avviso si sarebbe verificata soltanto se la elezione di Montini o
Wojtyla fosse stata invalida, il che dovrebbe ancora essere provato.
L'ex docente della Gregoriana (des Lauriers) ed i suoi addetti non
capiscono che il rimprovero dell' eresia non è indirizzato al papa come
papa, come se si facesse quasi un giudizio sul papa, cosa non permessa
secondo il principio „il papa non può essere giudicato da nessuno“
(perché come papa è lui stesso giudice supremo) 8), ma che si tratta di
una giudizio di accertamento con cui si dichiara che in base ad
una determinata eresia la persona di cui si tratta ha cessato di essere
papa.
2. Eletto validamente papa?
Partiamo una volta tanto dalla posizione di P.Guérard des Lauriers
secondo la quale Mons. Wojtyla è stato eletto da una “pars minor et
sanior”: allora l'elezione poteva essere valida, se l'eletto fosse
stato un vescovo ortodosso. Ma ciò, cioè l'ortodossia di Wojtyla prima
della elezione, può essere contestato a ragione.
Mi risparmio di elencare le notorie eresie che egli ha sostenuto già
prima dell'entrata in carica. Accenno soltanto al fatto che egli era
uno dei promotori speciali delle riforme (in contrasto con il cardinale
Wyszynski che nemmeno lui ha opposto resistenza, ma ha il merito di
avere comunque corroborato con il suo impegno i polacchi nel loro
atteggiamento anticomunista).
Secondo la bolla di Paolo IV „Cum ex apostolatus officio“ del 15
febbraio 1559 i prelati e i vescovi che prima della loro promozione si
sono discostati dalla fede cattolica, perdono automaticamente la loro
autorità e qualsiasi ufficio. Non sono idonei ad assumere un ufficio.
Dopo di aver innanzitutto confermato tutte le pene inflitte agli
eretici e scismatici 9), Paolo IV parla decisamente dell’inidoneità
degli eretici all’assunzione di un ufficio:
„Aggiungiamo che, se in qualsiasi momento diventasse notorio che un
vescovo, anche se funge al posto di un arcivescovo o partriarca o
primate, o un cadinale della citata Chiesa romana, anche, come già
accennato, un legato o persino un pontefice romano prima della sua
promozione a cardinale o della sua elezione a pontefice si era
discostato dalla fede cattolica, era caduto in un’eresia o in uno
scisma o aveva provocato e cagionato qualcosa di simile, la sua
promozione od elezione, anche se avvenuta concordemente e con il
consenso unanime di tutti i cardinali, è nulla e senza valore. Essa non
può essere qualificata valida, né ottenere validità né essere
considerata valida in un settore particolare in base alla consacrazione
episcopale o alla successiva assunzione della direzione ed
amministrazione, e neanche in base all’’intronizzazione del pontefice
romano’ o all'omaggio o all’obbedienza prestata da tutti non importa
per quale durata. Si deve ritenere che a tutti coloro che in tal modo
siano stati promossi a vescovi, arcivescovi, patriarchi o primati, è
stato attribuito o viene attribuito in affari spirituali e trali una
potestà amministrativa nulla. Tutto quanto da loro pronunciato, creato,
compiuto e amministrato e tutto ciò che ne conseguiva è privo di
validità e non può prestare alcuna sicurezza né attribuire un diritto a
nessuno. Così i promossi e eletti in questo modo perdono eo ipso e
senza alcuna dichiarazione qualsiasi dignità, posizione, onore,
qualsiasi titolo, autorità, ufficio e qualsiasi potestà anche se tutti
ed ogni singolo così promosso od eletto prima non si fossero scostati
dalla fede e non fossero stati eretici e incorsi nello scisma o non lo
avessero provocato o cagionato“ (bolla „Cum ex apostolatus officio“, §
6)
Secondo questa bolla non si può neanche più partire dal fatto che ci
sarebbe stata una “pars minor et sanior”, cioè degli elettori
legittimi, poiché anche questi avevano perso il loro ufficio a causa
dell'eresia (Mons. Guérard des Lauriers sosteneva, in merito all'eresia
dei vescovi e cardinali italiani, una posizione piuttosto singolare che
si basava sulla sua esperienza con questi signori quali studenti: di
fronte al dott. Hiller e a me si era espresso una volta dicendo che i
prelati italiani, che quasi tutti erano stati nel suo auditorio,
sarebbero così stupidi da non essere neanche capaci di sostenere
eresie, perché non sapevano che cosa fosse un’eresia). Qui non trova
applicazione la disposizione del CIC secondo la quale le violazioni di
legge punite con delle censure non limitano il diritto di voto dei
cardinali, perché non si tratta di delitti giuridici ma di delitti di
fede.
Viene ancora argomentato che Giovanni Paolo II sarebbe soltanto un
eretico materiale ma non formale, che cioè sostiene un'eresia ma non sa
che è un'eresia. Ci si renda conto una volta che cosa con ciò si
pretende da noi di pensare: il supremo maestro e custode della dottrina
non sa cosa deve inseg-nare e custodire! Queste sono le scappatoie
teologiche che gente come Ricossa mantengono aperte per non dover
trarre conseguenze decisive. Una tale concezione è esclusa secondo il
canone 16 §2a del CIC per cui il titolare di un ufficio, specialmente
quando si deve trattare del titolare del magistero della Chiesa, non
può far valere di non conoscere la propria fede!!! Siccome Wojtyla è
stato consacrato vescovo ancora sotto Pio XII, la sua ortodossia prima
doveva essere appositamente provata in un processo di informazione e
definizione (cfr. CIC, cann. 330 e 331).
3. Un eretico come papa, come successore di san Pietro?
Il quesito se un eretico possa essere papa, i dottori della Chiesa e i
teologi che si sono occupati di questo problema, la hanno negata
univocamente come già esposto sopra (Bellarmino, Gaetano, Suárez). Il
rev. dott. Otto Katzer che nell'area di lingua tedesca occupava una
posizione analoga a quella di P.Suárez y Arriaga nel Messico, ha
approfondito questo argomento nell'articolo „Unbesetzter Apostolischer
Stuhl” (“Sede appostolica non occupata“; EINSICHT VIII/5, dicembre
1978, pagg. 168 ss., ristampa su EINSICHT XXXII/1, pagg. 13 s.).
Secondo lui “la sede apostolica […] può essere non occupata:
1. in seguito alla morte fisica del papa,
2. in seguito alla morte morale del papa.
Moralmente morto è il papa che ha manifestamente peccato contro la
dottrina della fede o della morale. Ma con ciò la sede apostolica non
resta orfana, come sottolinea papa Pio VI nella sua famosa e per
i nostri tempi così importante costituzione apostolica ‘Auctorem
fidei’, richiamandosi a san Pietro Crisologo 10): ‘Pietro che vive sul
suo trono e che presiede, offre ai richiedenti la verità della fede’.
Ciò avviene con i giudizi infallibili e irrefragabili della sede
apostolica.“
La disposizione di Bellarmino secondo la quale „Papa haereticus
depositus est“ (cioè un giudizio di accertamento: “è deposto”) viene
completata dalla formula di Gaetano „deponendus est“ (va deposto) nel
senso che questo giudizio di accertamento dev’essere reso noto, cioè la
persona di cui si tratta dev’essere dichiarata deposta dalla ed al
cospetto della Chiesa, perché la Chiesa è una società giuridica
visibile, che dev’essere informata dello status del suo capo.
Esattamente ciò ha fatto Mons. Ngô- dinh-Thuc con la sua DECLARATIO del
25 febbraio 1982. Certo, la DECLARATIO non è stata la prima ad
accertare la sedevacanza e ad indicarne le necessarie conseguenze, ma è
l'unico documento di un ex-titolare di alto rango e molto stimato, il
quale ha fatto questo accertamento e lo ha proclamato pubblicamente.
Anche se non venne redatto ufficialmente ma soltanto “ex caritate”,
cioè per la cura del bene della Chiesa, tuttavia Mons. Ngô-dinh-Thuc,
quale vescovo della Chiesa cattolica romana, ha pronunciato questo
accertamento in maniera giuridicamente vincolante per i fedeli. La
DECLARATIO costituisce quel documento con il quale possiamo sostenere
la nostra resistenza e le ulteriori attività anche sotto l’aspetto
giuridico, al di là della giustificazione in base al giudizio personale
(che cioè la gerarchia è in apostasia). 11)
La tesi di des Lauriers secondo la quale “un papa caduto in eresia”
(notabene: un papa eletto legittimamente!) sarebbe un “Papa
materialiter”, cioè un papa che potenzialmente lo può ancora essere,
viene quindi univocamente confutata. L'ufficio papale ha termine
esattamente quando il titolare cade in eresia, cioè quando, per così
dire, egli stesso si depone. L’artifizio secondo il quale egli non
sarebbe consapevole della propria eresia, cioè non sarebbe un eretico
formale, non può, come sarà dimostrato, essere applicato. Perché?
Perché non può essere che colui che, quale successore del vicario dì
Gesù Cristo, è stato istituito qui sulla terra come supremo maestro e
custode dell’incolu-mità della fede, possa proclamare
contemporaneamente la verità e la non-verità. Non si può schizofrenicamente
scindere l'identità della persona di un papa in un’identità “materiale”
e in un’altra identità “formale”, perché allora costui, come tale, non
sarebbe più in grado di preservare la propria identità come persona.
Una tale spaccatura schizofrenica della persona sarebbe, vista nella
sua sostanza, non solo contraddittoria ma anche assurda.
Chi, come il papa, pretende l’infallibilita in materia di fede e
morale, chi rappresenta d’ufficio la verità nelle materie indicate, non
può contemporaneamente essere anche il rappresentante dell'errore e
della non-verità. Ciò, se riferito alla persona di cui si tratta,
significherebbe non solo ammettere la contraddizione, ma introdurre la
schizofrenia quale principio nella teologia. Nel momento in cui
Giovanni Paolo II mostra di propagare anche l'errore, come ha
sottolineato Mons. Guérard des Lauriers dicendo che egli abitualmente
sostiene l'eresia, egli cessa, anche potenzialmente, di essere il
rappresentante della verità infallibile.
La tesi che dice: “Giovanni Paolo II è papa quando proclama qualcosa di
ortodosso e non lo è quando divulga qualcosa di eretico”, comporterebbe
inoltre che ciascun fedele dovrebbe decidere ogni volta sull'ortodossia
o eresia del papa. Con ciò l'autorità magisteriale di Roma verrebbe
trasferita a ciascun singolo fedele e non varrebbe più il principio
„Roma locuta causa finita“, anzi, quando Roma ha parlato, la dicussione
presso i fedeli potrebbe partire per bene. La supema autorità
risiederebbe presso il primo che capita.
4. Attendere la conversione, oppure: prestiti presso Samuel Beckett
Come si presenterebbe sotto tale presupposto (della tesi del “Papa
materialiter, non formaliter”) la restituzione della Chiesa ovvero la
sua ricostruzione? 12) Giacché il “Papa materialiter” rimane papa
potenziale (pur facendo propaganda dell'erore o persino dell'apostasia)
tutto sta solo a vedere che ridiventi papa anche “formaliter”. Cioè
egli sarà contemporaneamente “Papa formaliter” e “materia-liter”,
quando sosterrà di nuovo posizioni ortodosse. Gli aderenti a questa
opinione, come don Ricossa, aspettano quindi che Giovanni Paolo II si
converta di nuovo. Occorre solo aver sufficiente fiducia nella
provvidenza divina, che noi sedevacantisti ovviamente non abbiamo. N.b.
l'attivismo che noi spiegavamo, quando fantasticavamo di ricostruzione,
anzi di una elezione papale, ha irritato anche il vescovo Storck!
Con ciò la crisi concernente la restituzione dell'autorità sarebbe
superata... almeno per quanto riguarda la persona di Giovanni Paolo II.
Con ciò però non è ancora chiarito il trattamento da riservare agli
altri vescovi eretici o apostati che dovrebbero essere trattati in
maniera analoga secondo il motto “episcopus materialiter, non
formaliter”. (Ma forse il ritorno del papa dallo stato di “Papa
materialiter” all'ortodossia implica anche quello degli “Episcopi
materialiter”). Sulla certezza del diritto e sul riacquisto della
giurisdizione da parte di questi riconvertiti non parlano né des
Lauriers né Ricossa. Ma che cosa succede se Giovanni Paolo II nei suoi
decreti mescola vigorosamente ortodossia ed eresia (Wojtyla è un
maestro di dialettica!), agisce egli allora da papa “materialiter” ma
contemporamente anche da papa “formaliter/non formaliter”? Il gioco
assurdo può essere continuato finché si vuole.
Ho sempre paragonato questa attesa della conversione di Mons. Wojtyla
all’“L'attendere Godot“ descritto nel dramma omonimo di Samuel Beckett.
Ivi si attende Godot di cui si sà che non arriverà mai... si tratta
quindi di un'attesa completamente inutile. Con tali assurdità si
possono congegnare pezzi teatrali (per rappresentare l'assurdità) ma
non promuovere la teologia né la ricostruzione della Chiesa. Era
sfuggito a Mons. Des Lauriers che l' apostasia appartiene ai peccati
irreversibili, che cioè si tratta della ricusazione della verità, della
verità vivente!, in sé e per sé? Lo hanno dimenticato i suoi discepoli
cui appartiene anche l’Abbé Sanborn negli Stati Uniti?
Nel frattempo i fedeli devono continuare la loro vita
religioso-ecclesiale: criticare il criticabile, appellarsi ai ‘vescovi’
e al ‘Santo Padre’, non ‘obbedire’, se le disposizioni contraddicono la
fede. Ma se poi, vuoi per zelo eccessivo vuoi per impazienza, si fanno
consacrare dei sacerdoti e vescovi, questi sono naturalmente indizi
scismatici ... forse perché nonostante tutto non si ha fiducia nella
provvi-denza divina?
Per chiarire una volta tanto le conseguenze assurde risultanti da
queste posizioni che per Ricossa e la sua comunità „Mater boni
consilii“ (la quale comunità forse chiede i suoi consigli altrove!)
apparentemente sono più importanti di tutto il resto della fede
cattolica, con un esempio tratto dalla sfera militare: un generale
commette alto tradimento consegnando la sua patria insieme all' armata
da lui comandata al nemico. Invece di far condannare questo generale da
parte di un tribunale di guerra e a far nominare un nuovo generale, i
des-Lauriersisti consigliano di aspettare finché a questo reo di alto
tradimento venga in mente di cambiare nuovamente il fronte, affinché
gli possano di nuovo servire in fedeltà. Nel frattempo i soldati,
‘pieni di speranza del cambiamento di mentalità del loro generale
(detto teologicamente: pieni di fiducia in Dio) lasciano
illimitatamente fare i nemici.
Con ciò spero di aver chiarito sufficientemente che:
a) la tesi del “Papa materialiter, non formaliter” è teologicamente insostenibile e che
b) il tenerla ferma impedirebbe l’urgentemente necessaria restituzione ovvero ricostruzione della Chiesa.
Perciò ai des-Laurieristi non rimane altro che mollare questa tesi e
associarsi al sedevacantismo come formulato nella DECLARATIO di Mons.
Ngô-dinh-Thuc, e riconoscere e sostenere insieme le direttive ivi
proclamate per la ricostruzione della Chiesa. Altrimenti noi
sedevacantisti dobbiamo smettere di vedere in loro degli alleati per le
nostre attività ecclesiali. Allora non sarebbe (più) possibile
continuare la cooperazione, neanche nel campo pastorale.
Un capitolo sulle opportunità perdute, oppure: dallo stato dì necessità al caos
Alla fine ancora alcune note sulla nostra situazione attuale. Se si
considera il comportamento dei fredeli, ma specialmete quello dei
sacerdoti e vescovi, che asseriscono di lavorare per la conservazione
della fede e per la ricostruzione della Chiesa, si deve purtroppo
constatare dappertutto settarietà e rassegnazione. Nei tempi successivi
alla proclamazione della DECLARATIO, a prescindere dagli sforzi per la
riunificazione dei fedeli intrapresi all'inizio degli anni ‘90 dal
vescovo Carmona, nel frattempo defunto, e che il vescovo Dávila intende
continuare, non è avvenuto nulla per restituire la Chiesa come
istituzione di salvezza. In una maniera un po’ più nobile la situazione
è stata descritta dal vescovo Dávila durante la sua ultima visita a
Monaco quando diceva: “Noi sacerdoti negli ultimi 20 anni ci siamo
occupati soltanto di problemi pastorali.“
Questo lavoro pastorale può però giovare soltanto se inquadrato in
delle strutture ecclesiastiche; infatti la somministrazione dei
sacramenti fin qui praticata non è legittima se non si agisce con
l’intenzione di compiere un atto della Chiesa! Soltanto ad essa, alla
Chiesa, Cristo ha affidato la somministrazione dei sacramenti.
Altrimenti tutto sarebbe puro settarianismo. Perciò l’obiettivo
prioritario di tutti i nostri sforzi dev’essere quello di accelerare
questa restituzione della Chiesa. Cristo infatti ha fondato la Chiesa
come istituzione di salvezza, non come mera comunità di fede, per
garantire in maniera affidabile che la sua dottrina e i suoi mezzi di
grazia vengano tramandati senza subire falsificazioni. La ricostruzione
della Chiesa quale istituzione di salvezza è perciò richiesta dalla
volontà del suo fondatore divino. Qui però sorge un dilemma: da una
parte manca attualmente la giuristizione ecclesiastica necessaria per
assolvere a questo compito, poiché la gerarchia è in apostasia,
dall'altra parte la ricostruzione è il presupposto necessario della
restituzione di questa stessa autorità ecclesiastica. Per questo
problema dev’essere trovata una chiara soluzione teologica!
Se ci si limita ad insistere sullo stato di necessità che sussiste in
tutto il mondo (la mancanza dell’ autorità e dell’unità) non si
giustifica l’agire di iniziativa soltanto personale e l'attivismo da
parte di alcuni chierici, né si definisce la situazione in maniera
teologicamente completa. Una tale mentalità racchiude anche in sé il
pericolo del settarianismo, in quanto ognuno ne potrà trarre per sé le
conseguenze che crede. Ciascun sacerdote attivo nella cura d'anime deve
rendersene conto e deve dimostrare (e questo è un suo dovere nei
confronti dei fedeli!) che egli agisce quale sacerdote della Chiesa
cattolica! Altrimenti egli si bolla ipso facto come settario che si
arroga solo illegittimamente poteri sacerdotali. Richiamarsi alle
ordinazioni valide non è sufficiente per presentarsi quale sacerdote
della Chiesa cattolica. A nessuno verrebbe per esempio in mente
comprarsi una divisa e un fucile per pre-sentarsi poi come soldato
dell’esercito tedesco o messicano.
Quale sarebbe la soluzione? Per restare con l'esempio: egli sarebbe un
soldato effettivo soltanto se fosse chiamato alle armi da questo
esercito e se prestasse giuramento. Applicato alla Chiesa, questo
paragone significa: egli sarebbe vero sacerdote soltanto se potesse
dimostrare di essere stato incaricato dalla vera Chiesa. Il problema
sta dunque nel dire dove si trovi questa Chiesa nelle condizioni
attuali e in quale senso ci si possa considerare incaricati da essa.
Contro questo ragionamento viene obiettato che per superare i problemi
attuali non occorre nessuna strategia ad hoc, ma basta appellarsi al
principio dello stato di necessità. Una tale concezione non è soltanto
falsa, ma anche altamente pericolosa! Con un provvedimento di emergenza
si vuol soltanto impedire che si verifichi un determinato stato di
cose: voglio che qualcosa non si verifichi. Con questa intenzione però
non indico (ancora), che cosa dovrebbe avvenire. Se per esempio
costruisco una diga, voglio impedire che un fiume straripi e devasti la
terra. Con questa misura non ho però ancora indicato come voglio
coltivare la mia terra. Cioè ho ancora bisogno di un’apposita idea
positiva su come utilizzare la terra, come coltivarla.
Ritorniamo al nostro proprio immediato passato ecclesiastico: era
necessario consacrare vescovi sen-za mandato pontificio per salvare la
successione apostolica minacciata, come ha fatto Mons. Ngô-dinh-Thuc.
Sarebbe però un grande sbaglio ritenere di poter rinunciare in futuro a
condizioni regolari, in ultima analisi al mandato pontificio. Infatti
l'invocazione dello stato di necessità oramai serve per tutte le azioni
settarie, persino per la riprovevole consacrazione di sacerdoti
sposati. Se voi, pregiati ascoltatori, vi guardate solo una volta
attorno, scorgerete che non si è verificato esattamente quello che
doveva essere raggiunto con le misure di necessità di una volta, cioè
il salvataggio della successione apostolica e della Chiesa. Noi ci
troviamo in un settarianismo autocagionato! Vi ricordo ancora una volta
quale sia la causa di attualità e il punto di partenza di questa
relazione 13), cioè le consacrazioni episcopali scandalose che McKenna
ha motivato con quella tesi la cui insostenibilità io vi volevo
dimostrare. Quali abissi si sono aperti qui! Quindi per la
ricostruzione della Chiesa, per la sua restituzione quale istituto di
salvezza, abbiamo bisogno di progetti propri
- che siano teologicamente fondati
- che da un lato tengano conto delle realtà attuali
- che d'altro canto siano idonei a trasformare queste realtà dimodoché
la Chiesa in ultima analisi ridiventi roccaforte della rivelazione
divina e comunità dei fedeli sotto un papa eletto legittimamente.
Notas:
1) I sottoscritti don Franco Munari, don Francesco
Ricossa, don Curzio Nitoglia e don Giuseppe Murro, obbediendo alla
dottrina della Chiesa cattolica secondo la quale è necessaria una
revoca ufficiale in seguito alla pubblicazione di dottrine false sulla
fede e sulla morale, dichiarano pubblicamente di ritrattare i seguenti
errori che essi hanno insegnato o per lo meno ammesso implicitamente
come corrispondenti a verità, in modo che li si credesse, nel periodo
dal 1982 fino al ’85, cioè durante la loro appartenenza alla fraternità
sacerdotale San Pio X,:
1. Al papa romano l'infallibilità spetta soltanto nelle decisioni “ex cathedra” (cioè quando insegna dei dogmi).
2. Il magistero ordinario ed universale della Chiesa non è infallibile.
3. Il concilio vaticano II può esser non infallibile sia come concilio pastorale sia come concilio dogmatico.
4. È permesso e di solito comandato rifiutare
l'obbedienza all'insegnamento dottrinale, morale e liturgico
dell'autorità legittima (papa e vescovi), benché si riconosca che alla
medesima autorità spetta la piena autorità in virtù dell’istituzione
divina della Chiesa.
5. È possibile che l'autorità legittima (il pontefice
romano) della Chiesa universale promulghi e imponga delle leggi (rito
della messa, sacramenti, codice del diritto canonico) che contengono
errori, eresie, nonché elementi dannosi per la salvezza delle anime.
6. È possibile che un vero papa autentico, un vero
vicario di Cristo possa essere contemporaneamente scismatico, apostata
e in rottura con la tradizione e che i suoi atti debbano essere
considerati irriti e nulli.
Le DICHIARAZIONI ERRONEE sopra richiamate violano
mortalmente il dogma cattolico della ISTITUZIONE DIVINA DELLA CHIESA,
il suo MAGISTERO, l'INFALLIBILITÀ della Chiesa e del PONTEFICE ROMANO.
I sacerdoti sottoscritti con questa revoca pubblica chiedono perdono ed
anche preghiere a qualunque persona alla quale essi avessero dato
scandalo, e assicurano che con l'aiuto di Dio non sosterranno mai più
simili errori (citato da KE n.3/1996, pag. 80).
2) Così per esempio sul quotidiano SÜDDEUTSCHE ZEITUNG del 26 luglio
2002: „ L'82enne non riesce più tener la testa diritta, non parla più
chiaramente, la saliva scorre dalla sua bocca, ciò no-nostante Giovanni
Paolo II è volato a Toronto per farsi festeggiare da 200.000 giovani.
Contro il parere dei suoi medici ha intrapreso il viaggio strapazzante,
si impone una rovinosa prestazione d’energia. Ciò sostiene solo chi è
profondamente convinto di agire in base a un mandato superiore e
difficilmente qualcuno più fermamente di Giovanni Paolo II crederà di
essere lo strumento di Dio: Dio lo ha scelto per condurre la Chiesa
cattolica nell'21° secolo. Maria lo ha lasciato sopravvivere alla
pallottola dell' attentatore, ora deve sopportare la malattia
impostagli. „Un uomo dei dolori, familiare con la malattia“, così
recita il libro di Isaia sul sofferente servo di Dio e Karol Wojtyla,
segnato dal dolore, ne vede ovviamente l’immagine in sé stesso. Egli
deve continuare la sua strada fino in fondo“.
3) P.L. 120, Paschasius Radbertus, Liber de Corpore et Sanguine Domini, col. 1317.
4) Ad sacrosancta Concilia a Philippo Labbe et Gabriele Cossartio edita Apparatus alter, Venetiis 1728.
5) Defensio Fidei, lib. V. De antichristo, Tom XX., Cap XXI, 7.
6) Romani Pontificis in definiendo infallibilitas breviter demonstrata. Thyrsi Gonzales S.J., Parisiis 1698.
7) Controversia de Romano Pontifice, lib. II cap. XXX.
8) Si confronti con ciò la bolla di Paolo IV „Cum ex apostolatus
officio“ §1: “In considerazione di questa faccenda così difficile e
pericolosa, il pontefice romano, che è vicario di Dio e del nostro
signore Gesù Cristo in questo mondo, ha l’illimitata plenipotenza sui
popoli e sui regni e decide come giudice su tutti, senza soggiacere in
questo mondo ad alcuna sentenza giudiziaria; ma gli si può contraddire
se risulta che si è scostato dalla fede.”Si confronti con ciò la bolla
di Paolo IV „Cum ex apostolatus officio“ §1: “In considerazione di
questa faccenda così difficile e pericolosa, il pontefice romano, che è
vicario di Dio e del nostro signore Gesù Cristo in questo mondo, ha
l’illimitata plenipotenza sui popoli e sui regni e decide come giudice
su tutti, senza soggiacere in questo mondo ad alcuna sentenza
giudiziaria; ma gli si può contraddire se risulta che si è scostato
dalla fede.”Si confronti con ciò la bolla di Paolo IV „Cum ex
apostolatus officio“ §1: “In considerazione di questa faccenda così
difficile e pericolosa, il pontefice romano, che è vicario di Dio e del
nostro signore Gesù Cristo in questo mondo, ha l’illimitata
plenipotenza sui popoli e sui regni e decide come giudice su tutti,
senza soggiacere in questo mondo ad alcuna sentenza giudiziaria; ma gli
si può contraddire se risulta che si è scostato dalla fede.”
9) „Cum ex apostolatus officio“ §2: Tutti coloro che finora si sono
scostati dalla fede cattolica, sono caduti in eresia o nello scisma o
lo hanno provocato o cagionato, se sono stati riconosciuti tali, se si
sono professati tali o sono stati convinti tali o (cosa che Dio nella
sua grazia e bontà voglia evitare a loro) continuano a scostarsi dalla
fede, a cadere in eresia o nello scisma o a provocarlo, cagionarlo o
che verranno riconosciuti come persone che si sono scostate dalla fede,
che sono cadute in eresia o nello scisma o lo hanno provocato o
cagionato, o che lo professeranno o ne saranno convinti, questi, quale
che sia il loro stato, grado, rango, la loro professione e dignità
eccellente, e anche se avessero dignità vescovile od arcivescovile o
fossero patriarchi, primati o possedessero un altra maggiore dig-nità
ecclesiastica, o fossero dotati di dignità cardinalizia od occupassero
l'ufficio, perpetuo o limitato nel tempo, di un legato della sede
apostolica ovunque nel mondo, tutti questi, così vogliamo e
deter-miniamo, si attireranno le sentenze, censure e pene citate.”„Cum
ex apostolatus officio“ §2: Tutti coloro che finora si sono scostati
dalla fede cattolica, sono caduti in eresia o nello scisma o lo hanno
provocato o cagionato, se sono stati riconosciuti tali, se si sono
professati tali o sono stati convinti tali o (cosa che Dio nella sua
grazia e bontà voglia evitare a loro) continuano a scostarsi dalla
fede, a cadere in eresia o nello scisma o a provocarlo, cagionarlo o
che verranno riconosciuti come persone che si sono scostate dalla fede,
che sono cadute in eresia o nello scisma o lo hanno provocato o
cagionato, o che lo professeranno o ne saranno convinti, questi, quale
che sia il loro stato, grado, rango, la loro professione e dignità
eccellente, e anche se avessero dignità vescovile od arcivescovile o
fossero patriarchi, primati o possedessero un altra maggiore dig-nità
ecclesiastica, o fossero dotati di dignità cardinalizia od occupassero
l'ufficio, perpetuo o limitato nel tempo, di un legato della sede
apostolica ovunque nel mondo, tutti questi, così vogliamo e
deter-miniamo, si attireranno le sentenze, censure e pene citate.”
10) P.L. 54, 743 ss.
11) Per confrontare una volta questa posizione con quella degli
Ecônisti: anch’essi hanno il problema della mancante autorità
pontificia, perché rifiutano altrettante delibere del concilio vaticano
II e le riforme iniziate da esso. Ma lo fanno per un altro motivo. Essi
non contestano che un papa quale eretico cessi di essere papa, ma
contestano che Giovanni Paolo II abbia decisamente diffuso eresie, egli
sarebbe soltanto ‘liberale’ o ‘modernista’ e nuocerebbe con ciò alla
Chiesa, per cui ci si opporrebbe alle sue disposizioni. Con questa
posizione ‘tradizionalista’, cioè teologicamente non provata, essi sul
piano argomentativo si mettono su un ghiaccio molto sottile, come
dimostrano tutte le loro trattative condotte con Roma.
12) Noi sedevacantisti genuini ci distinguiamo per il fatto che oltre a
constatare che la sede apostolica non è occupata, intendiamo che essa
debba essere occupata di nuovo.
13) L’esposizione di cui sopra, tradotta in spagnolo, è intesa per il
convegno destinato a raccogliere i cattolici ortodossi, e che avrà
luogo alla fine d’agosto a Cid, Juárez/Mexiko.
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