54. Jahrgang Nr. 7 / Dezember 2024
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Über das Papsttum der Römischen Bischöfe


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Korrektur zu: Zum Problem einer möglichen Papstwahl


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La sede apostolica
 
La sede apostolica ‘occupata’
ovvero: la schizofrenia come principio di teologia

- Note alla tesi del „Papa materialiter, non formaliter“ di des Lauriers -


di
Eberhard Heller
trad. Dr. Alfons Benedikter

Non ciò che Lei pensa!

Non c’è stata una nuova elezione papale. Meno male, penseranno molti. Abbiamo già troppi ‘Santi Padri’: Bawden, Linus II, Gregorio (di Palmar) ecc.

D'altra parte un’elezione papale non è neanche necessaria, poiché  Giovanni Paolo II mantiene tuttora occupata questa sede. Ciò non lo dicono soltanto i modernisti e i riformisti, non soltanto gli Ecônisti e i membri della Fraternità di San Pietro, no, anche i des-Lauriersisti che si sono stabiliti nell'Italia settentrionale e negli Stati Uniti sono di questo parere... in contrasto con noi sedevacantitsti. Ridotto ad un unico denominatore, questo giudizio è il risultato di una rinnovata breve disputa con un gruppo della resistenza ecclesiale che credevo perseverasse ancora soltanto per ragioni di pietà rispetto al loro mentore teologico di un volta, Des Lauriers, nella tesi errata del „Papa materialiter, non formaliter“. Ma tutt'altro è vero. La virulenza di questa tesi, che costituisce il fondamento di tutto un sistema teologico che per i propri seguaci è ancora più importante dello stesso depositum fidei, è ancora illesa nel gruppo intorno a don Ricossa. Poco tempo fa persino la consacrazione dell'abbé Stuyver/Belgio, effettuata il 16 gennaio di quest'anno da parte del vescovo McKenna, è stata motivata con il fatto che egli aderisce a questa tesi. Da poco tempo abbiamo dunque un vescovo cosiddetto ‘tesista’ cui si è associato, in giugno, un secondo, cioè l’Abbé Sanborn negli USA. Motivare la consacrazione di vescovi con il fatto che aderiscono ad un determinato teorema, segna certamente un evento singolare dal punto di vista teologico e storico-ecclesiastico.

Introduzione, ovvero: I detti morti vivono più a lungo

Il 17 dicembre 2001 avevo ancora scritto a don Ricossa: „Lei vuol far consacrare l’Abbé Stuyver perché sostiene la tesi di des Lauriers detta del ‘Papa materialiter, non formaliter’, la quale è in con-trasto con il giudizio di accertamento espresso da S.E.Mons.Ngô-dinh-Thuc nella sua nota DECLARATIO del 1982, secondo la quale la Santa Sede romana è vacante. Come Le dovrebbe essere noto, l'autore di questa tesi, Mons. Guérard des Lauriers la ha più o meno riveduta alla fine della sua vita (cfr. in merito la relativa lettera nelle “SAKA-Informationen” del maggio 1988). Nonostante questa revisione Lei e la sua comunità insistono su di essa, senza avere, per quanto io sappia, motivato teologicamente questa perseveranza.“

In connessione con la consacrazione dell’Abbé Stuyver, compiuta su sollecitazione di don Ricossa, un ex-Ecônista, contro numerose proteste da parte di sacerdoti della Francia e del Belgio cui io mi ero associato e contro la preghiera insistente di numerosi membri della comunità dei fedeli che per impedire la consacrazione avevano recitato una novena (sapendo che il loro sacerdote non era idoneo per questo ufficio), si dimostrò con quale ostinatezza i soci della comunità „Mater boni consilii“ (Madre del buon consiglio) di Verrua di Savoia (Italia) rimangono ancora attaccati a questo cadavere teologico. Eppure in un primo tempo sembrava che anche don Ricossa aderisse a questa tesi soltanto per pietà, poiché nella vita religiosa giornaliera collaborava strettamente con sacerdoti sedevacantisti come il vescovo Dolan, l'Abbé Barbara e il parroco Schoonbroodt, il quale in quell'Istituto aveva spesso svolto degli esercizi spirituali. Proprio a costui aveva dichiarato che avrebbe preso le distanze da questa tesi, quando avesse trovato una spiegazione migliore per interpretare l'attuale stato della Chiesa. Credere che ciò avvenga è stato un errore! I detti morti il più delle volte vivono più a lungo… purtroppo.

Nonostante le numerose obiezioni e confutazioni della tesi „Papa materialiter, non formaliter“ (penso in particolare alle dissertazioni accurate di Myra Davidoglu, Francia, sulla rivista LA VOIE, ma anche alle argomentazioni svolte nella EINSICHT, i discepoli di Mons. des Lauriers non sono accondiscesi ad una disputa reale. Essi continuano a chiudere un occhio sul fatto che insistendo su una posizione non sostenibile, tutti i nostri sforzi per la restituzione della Chiesa continuano ad essere sensibilmente paralizzati.

Siccome don Ricossa, in cui scorgo il principale responsabile di queste imprese, finora non ha reagito alla mia proposta di esaminare di nuovo e formalmente la dignità della tesi, o per arrivare ad una posizione comune o per separarci a causa di differenze teologiche insuperabili, vedo da parte mia soltanto la possibilità di presentare di nuovo gli argomenti svolti contro questa tesi... nella speranza di contribuire con ciò ad un chiarimento definitivo per gli spiriti e di aiutare a trovare una decisione relativa a questa importante questione. A questa esposizione sistematica faccio seguire una descrizione delle circostanze nelle quali il P. Guérard des Lauriers fu consacrato vescovo nel 1981.

„Papa materialiter, non formaliter“ - cosa significa questa formula?

Cosa significa questa formula con la quale il vescovo Guérard des Lauriers ha cercato di interpretare lo status religioso ed ecclesiastico di Giovanni Paolo II, vedendo il titolare legittimo (dal suo punto di vista) del trono pontificio in conflitto con il dovere, conforme al suo incarico, di salvaguardare la fede.

Secondo la concezione di des Lauriers, da lui pubblicata nella rivista CASSICIACUM, Mons. Wojtyla è stato legittimamente eletto papa - da una pars minior e sanior, cioè da circa 10 cardinali, che erano stati nominati ancora da Pio XII, per cui è “Papa materialiter”. Siccome però come papa sostiene abitualmente l’eresia (il che non dovrebbe fare come supremo maestro!) egli non è papa in senso formale, ma è “Papa non formaliter”, perché non agisce come un papa. Ma rimane “Papa materialiter”, cioè rimane per così dire un papa potenziale. Quando cioè nelle cose della fede e della morale proclamasse nuovamente dottrine ortodosse come supremo maestro e pastore, Giovanni Paolo II sarebbe di nuovo papa sia “materialiter” che “formaliter”, cioè, per dirlo in una maniera comprensibile a tutti: diventerebbe/sarebbe di nuovo un papa del tutto normale.

Nelle SAKA-INFORMATIONEN del gennaio 1984 il vescovo Guérard des Lauriers scrive: „Attualmente la Chiesa militante è ‘occupata’ e messa in uno stato di privazione (mise en état de privation). W. [cioè Wojtyla], eletto regolarmente (lo ammetto fino a prova contraria) da un conclave composto di 10 cardinali autentici (che non hanno protestato contro l'elezione), prende quindi possesso della sede papale; quindi è papa ‘materialiter’ (secondo i fatti giuridici esterni). Accanto ad altre mancanze al proprio dovere, W. [Mons.Wojtyla] sostiene abitualmente l'eresia. È evidente che W. arreca danno al ‘bene comune’ il quale nella Chiesa militante di per sé dovrebbe essere promosso da quest’ ufficio. Quindi W. in base al diritto naturale è metafisicamente e giuridicamente incapace di esercitare l'autorità. In forza del diritto naturale che in ultima analisi deriva da Dio stesso, W. non ha l'autorità fattuale. Egli non è e non può essere papa ‘formaliter’ (in senso proprio, cioè interiormente). Non gli si deve obbedire perché le sue disposizioni sono nulle.” Annoto soltanto che il vescovo Guérard des Lauriers, connettendo la sua tesi al presupposto dell’elezione regolare di Wojtyla, avrebbe dovuto presentarla soltanto come ipotesi.

A questa dizione si attiene anche l’autopresentazione dell'Istituto „Mater boni consilii“ cui appartiene anche Ricossa: „Chiunque può constatare come la Chiesa venga purtroppo afflitta da tempeste profetizzate dal Signore, probabilmente le peggiori della sua storia bimillenaria. Nell'Istituto si è del parere che l'origine di tutto ciò e da ricercare nel Concilio vaticano secondo. Allora venne introdotta la nuova dottrina della collegialità dei vescovi, della libertà religiosa, del ecumenismo e dell’appartenenza degli acattolici al corpo mistico di Gesù Cristo, la nuova dottrina sulle religioni non cristiane e specialmente il giudaismo, sul rapporto tra la Chiesa e il mondo di oggi, che sono esattamente in contrasto con la dottrina della Chiesa, di tanti papi e concilii ecumenici. La riforma liturgica, specialmente della santa messa e quella del diritto canonico è nociva per le anime, favorisce l'eresia protestante e ammette ciò che è proibito in base al diritto divino (come per esempio gli atti di culto in comunione con eretici). Ciò non può derivare dalla Chiesa cattolica che viene retta dallo Spirito Santo e dal successore legittimo, infallibile di san Pietro. In mezzo a questa crisi senza esempio, che per necessità trascina tutti coloro che hanno approvato i documenti conciliari e le riforme che ne derivano, l'Istituto non può accettare le nuove dottrine, contrarie alla fede e alla morale, ma non può neanche istigare i fedeli alla disobbedienza verso l'autorità legittima della Chiesa. Perciò l'Istituto sostiene la cosiddetta tesi di Cassiciacum (questa denominazione deriva dalla rivista teologica sulla quale la tesi stessa venne esposta per la prima volta). Questa tesi venne elaborata dal P. Guérard des Lauriers, di felice memoria, membro dell'Accademia papale di san Tommaso, ex professore all’Università papale lateranense e a le Saulchoir (Francia). Secondo questa tesi Paolo VI e i suoi successori non possiedono l'autorità papale, benché regolarmente eletti. Secondo le categorie della teologia scolastica e secondo il cardinale Gaetano, il grande commentatore di san Tommaso del 16° secolo e secondo il dotto Roberto Bellarmino, il quale ha ripreso di nuovo questa distinzione, essi sono ‘papi’ soltanto materialiter ma non formaliter. Siccome non realizzano il bene della Chiesa e nel campo della dottrina diffondono errori ed eresie, non ottengono da Cristo alcun potere per governare, per inseg-nare e santificare i fedeli, finché non revocano questi errori.“ (Lo si può verificare con una richiesta rivolta all'”Istituto Mater Boni Consilii”, Località Carbignano 36, I-10020 Verrua Savoia, tel. 0161/ 839335, fax 0161/839334, e-mail: sodalitium@plion.it, e tramite la homepage: www.plion.it/sodali.)

Nonostante le affermazioni sopraccitate, secondo le quali Mons. Wojtyla diffonderebbe “nel campo della dottrina errori ed eresie”, il capo teologico dell'Istituto, don Ricossa, respinge il rimprovero che Giovanni Paolo II sarebbe un eretico “formale”. In parole povere, Ricossa ritiene che Mons. Wojtyla non si rende conto di quello che dice.... come presunto supremo maestro! Questa concessione di Ricossa è tanto più incomprensibile in quanto egli, allontanandosi da Ecône, ha motivato questo passo con una dichiarazione nella quale insieme a tre altri padri (Munari, Nitoglia e Murro) condanna gli errori di Ecône concernenti l'autorità del papa e del magistero.1)

Siccome Wojtyla è rimasto “Papa materialiter” nonostante la sua notoria eresia (un autore americano elenca solamente 101 eresie di Giovanni Paolo II!!) - completo: nonostante la sua apostasia -, non si può dire che la sede apostolica non sarebbe occupata (coerentemente l'Istituto portava lo stemma di Giovanni Paolo II nella sua website precedente). Egli solamente non è “attivamente” papa relativa-mente all'adempimento dei suoi compiti che si attende da lui. Perciò Ricossa e i suoi seguaci non possono, per ripetere questa sentenza, “istigare i fedeli contro l'autorità legittima della Chiesa” (s’intende: Mons. Wojtyla).

Semplificando, la tesi del “Papa materialiter, non formaliter” può essere ridotta alla formula: Giovanni Paolo II venne legittimamente eletto papa. Egli lo rimane anche se tra l’altro „sostiene abitualmente l'eresia“. Solamente non si deve obbedire a queste disposizioni eretiche. Se Giovanni Paolo II tornerà a sostenere la dottrina della Chiesa, egli tornerà ad essere papa in misura piena. Occorre soltanto aspettare la sua conversione.

Questa posizione si presta ad essere contestata sotto più aspetti:

1. Corrisponde essa all’argomentazione finora sviluppata dalla Chiesa sulla questione del “Papa haereticus”?
2. Giovanni Paolo II venne effettivamente eletto in maniera legittima?
3. Può un eretico essere e risp. rimanere papa?
4. Quali conseguenze ne risultano per la progettata ricostruzione della Chiesa?

1. Una nuova creazione teologica

A prima vista la tesi del „Papa materialiter, non formaliter“ sembra suonare molto plausibile: un papa come supremo maestro della Chiesa non può essere al contempo proclamatore di eresie. E se lo fa ugualmente, non gli si deve obbedire... fino a quando non ritorni di nuovo all'ortodossia; egli rimane però papa potenziale, poiché è stato eletto tale!

Nel corso degli anni sono venuto a sapere con crescente meraviglia che la maggior parte dei chierici e dei fedeli faticano a concepire che un papa possa cadere in eresia (“papa haereticus”). Il papa (o ‘papa’) negli occhi di molti è “una fortezza inespugnabile” e si farà a mala pena a smantellarla. Io con ciò non intendo soltanto il grande pubblico la cui opinione concorrono a formarla anche i cattolici modernisti (si osservi soltanto la venerazione acritica, in parte entusiasta, di Mons. Wojtyla cui acclama persino la stampa liberale 2), ma anche molti chierici e laici tradizionalisti. Non aveva forse Cristo stesso promesso a Pietro: „Tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa“ (Matt. 16,18)? Inoltre nel primo Concilio vaticano venne proclamata l'infallibilità del Papa come dogma vincolante:

„Quando il vescovo romano parla ex cathedra, cioè quando, fungendo del suo ufficio quale pastore e maestro di tutti i cristiani, decide definitivamente con la massima autorità apostolica che una dottrina sulla fede o sulla morale debba essere osservata da tutta la Chiesa, allora egli in base all'aiuto divino che gli è stato promesso nella persona di san Pietro, possiede quella infallibilità della quale il Redentore divino volle ditare la sua Chiesa nelle decisioni definitive relative alla dottrina della fede e della morale. Queste decisioni definitive del vescovo romano sono quindi immutabili per sé stesse e non in base al consenso della Chiesa“ (Denz. 1839).

Semplicemente, non poteva avvenire ciò che non doveva avvenire! Che cioè un papa diventasse eretico! Se quindi una volta relativamente alla persona di Paolo VI si parlava di eresia e scisma (penso alle sottili dissertazioni dell'Abbé de Nantes, tra l'altro al suo „Liber accusationis” o alle analisi svolte sulla sua rivista CRC) venne manifestato in maniera legalistica, anzi “mistica”, che il papa rimane papa anche quale possibile od effettivo eretico. Infine c'era ancora il trucco teologico dell’ eretico che però non era “formale”. Spesso si cercavano ragioni per dimostrare che Montini in verità non era mai diventato papa. Il signor dott. Gliwitzky una volta aveva caratterizzato questo atteggiamento giustamente come segue: „La rinuncia abituale a rendere la fede comprensibile alla ragione è una delle radici più profonde della cosiddetta crisi in cui ci troviamo. Tutto il nostro sforzo deve perciò concentrarsi sul promuovere, osservando i segni, la scienza sulla distinzione tra i casi in cui si ha solo un’opinione o un desiderio, da quelli in cui si spera, da quelli ancora in cui si crede e quelli in cui in verità si sa”(“Einsicht”, prima annata, n. 12, pag. 37 - articolo „Garabandal“).

Per questo P. Guérard des Lauriers aveva riassunto il suo atteggiamento, psicologicamente forse comprensibile, nella sua tesi come in una formula. Ma corrisponde essa alla dottrina della Chiesa oppure riflette essa la concezione dei suoi dottori? Già nel 9° secolo san Pascasio osserva: „Chi cerca qualcosa fuori della verità troverà soltanto falsità e se non accetta quanto detto da Cristo si pone fuori della verità” 3) Ciò vale naturalmente anche per il papa. “Così un papa può separarsi dal capo, cioè da Cristo, per disobbedienza in affari di culto, la cui custodia rientra nel suo dovere. A un tale papa, che vuol distruggere la Chiesa, devono opporsi tutti i cristiani.“ 4) „Un papa che sostiene eresie“, osserva Suárez, „non è più papa, e se sbaglia, non sbaglia più come papa, come anche la Chiesa (con ciò) non sbaglia; essa può eleggerne un altro. 5) In „Romani pontificis in definiendo infallibilitas“ si dice: „Un papa per il solo fatto che si rende colpevole di eresia, si trova fuori della Chiesa ed è rimosso dal suo ufficio da Dio stesso.“ 6) „Un eretico manifesto non può quindi essere papa“, così suona il giudizio del dottore della Chiesa san Roberto Bellarmino. 7) Perciò è incompresibile il fatto che Ricossa nella sua motivazione della tesi di des Lauriers faccia riferimento a san Bellarmino, tanto più che Bellarmino non solo non conosce la distinzione tra papa “formaliter” e “materialiter”, ma esclude esplicitamente la possibilità che un papa, quale papa, possa essere eretico (in “De Romano Pontifice”).

Se si confronta la tesi di des Lauriers con queste posizioni, si può facilmente constatare che in esse non avviene una scissione del papa in un papa “attuale” e uno “potenziale”. L'eresia ha per lui la conseguenza immediata della perdita dell'ufficio.

Come dimostra la teologa Myra Davidoglou, la tesi del “Papa materialiter, non formaliter” è nuova: "Tous les papes que l'Eglise catholique a connus depuis sa fondation sont papes formels; l'idée d'un pape potentiel ayant droit à titres de Pontife romain et au Siège apostolique est une nouveauté, en déduire de l'Ecriture sainte ou de la Tradition apostolique, les deux seules sources de la Révélation divine, ni même de l'histoire de l'Eglise, la possibilité de l'existence d'un tel pape. Sous ce rapport, nous avons donc affaire à une doctrine purement humaine dont nous nous bornerons" (LA VOIE, 1991, n.21, pag. 2: “Analyse logique et théologique de la thèse dite de Cassiciacum”) (“Tutti i papi che la Chiesa ha conosciuto sin dalla sua fondazione sono papi formali; l’idea di un papa potenziale avente diritto ai titoli di Pontefice romano e alla Sede apostolica è una novità tale che né dalla Sacra Scrittura né dalla Tradizione apostolica, le due uniche fonti della Rivelazione divina, e nemmeno dalla storia della Chiesa può essere dedotta la possibilità dell’esistenza di un tal papa. Sotto questo aspetto abbiamo quindi da fare con una dottrina puramente umana [cioè puramente personale] della quale accontentarci”).

Myra Doglou continua: "Dira-t-on que celui a perdu la papauté n'en est pas pour autant déchu ? (...) Et pourtant, c'est sur 'l'apparaître', comme il dit, que l'auteur va s'appuyer pour tenter d'établir l'occupation non de fait (laquelle est évidente), mais de droit du Siège de Pierre par des hommes comme Montini ou Wjtyla, dont lui-même nous rappelle par ailleurs qu'ils sont des hérétiques, donc en droit sinon en fait hors de l'Eglise, parce qu'excommuniés et anathématisés par le Concile du Vatican (1870)" (LA VOIE, 1991, n.21, p.3) (“Se si dirà allora che costui ha perso il papato, non ne è allora decaduto? (…) Eppure è sull’’apparenza’, com’egli dice, che l’autore si appoggia per tentare di provare l’occupazione non di fatto (il che è evidente), ma di diritto della Sede di Pietro da parte di uomini come Montini o Wojtyla, dei quali lui stesso altrove ci rammenta che sono degli eretici, e quindi di diritto, se non di fatto fuori della Chiesa, perché scomunicati ed anatematizzati dal Concilio Vaticano (1870)”).

Des Lauriers non nega la possibilità della sedevacanza, ma questa a suo avviso si sarebbe verificata soltanto se la elezione di Montini o Wojtyla fosse stata invalida, il che dovrebbe ancora essere provato.

L'ex docente della Gregoriana (des Lauriers) ed i suoi addetti non capiscono che il rimprovero dell' eresia non è indirizzato al papa come papa, come se si facesse quasi un giudizio sul papa, cosa non permessa secondo il principio „il papa non può essere giudicato da nessuno“ (perché come papa è lui stesso giudice supremo) 8), ma che si tratta di una giudizio di accertamento  con cui si dichiara che in base ad una determinata eresia la persona di cui si tratta ha cessato di essere papa.

2. Eletto validamente papa?

Partiamo una volta tanto dalla posizione di P.Guérard des Lauriers secondo la quale Mons. Wojtyla è stato eletto da una “pars minor et sanior”: allora l'elezione poteva essere valida, se l'eletto fosse stato un vescovo ortodosso. Ma ciò, cioè l'ortodossia di Wojtyla prima della elezione, può essere contestato a ragione.

Mi risparmio di elencare le notorie eresie che egli ha sostenuto già prima dell'entrata in carica. Accenno soltanto al fatto che egli era uno dei promotori speciali delle riforme (in contrasto con il cardinale Wyszynski che nemmeno lui ha opposto resistenza, ma ha il merito di avere comunque corroborato con il suo impegno i polacchi nel loro atteggiamento anticomunista).

Secondo la bolla di Paolo IV „Cum ex apostolatus officio“ del 15 febbraio 1559 i prelati e i vescovi che prima della loro promozione si sono discostati dalla fede cattolica, perdono automaticamente la loro autorità e qualsiasi ufficio. Non sono idonei ad assumere un ufficio. Dopo di aver innanzitutto confermato tutte le pene inflitte agli eretici e scismatici 9), Paolo IV parla decisamente dell’inidoneità degli eretici all’assunzione di un ufficio:

„Aggiungiamo che, se in qualsiasi momento diventasse notorio che un vescovo, anche se funge al posto di un arcivescovo o partriarca o primate, o un cadinale della citata Chiesa romana, anche, come già accennato, un legato o persino un pontefice romano prima della sua promozione a cardinale o della sua elezione a pontefice si era discostato dalla fede cattolica, era caduto in un’eresia o in uno scisma o aveva provocato e cagionato qualcosa di simile, la sua promozione od elezione, anche se avvenuta concordemente e con il consenso unanime di tutti i cardinali, è nulla e senza valore. Essa non può essere qualificata valida, né ottenere validità né essere considerata valida in un settore particolare in base alla consacrazione episcopale o alla successiva assunzione della direzione ed amministrazione, e neanche in base all’’intronizzazione del pontefice romano’ o all'omaggio o all’obbedienza prestata da tutti non importa per quale durata. Si deve ritenere che a tutti coloro che in tal modo siano stati promossi a vescovi, arcivescovi, patriarchi o primati, è stato attribuito o viene attribuito in affari spirituali e trali una potestà amministrativa nulla. Tutto quanto da loro pronunciato, creato, compiuto e amministrato e tutto ciò che ne conseguiva è privo di validità e non può prestare alcuna sicurezza né attribuire un diritto a nessuno. Così i promossi e eletti in questo modo perdono eo ipso e senza alcuna dichiarazione qualsiasi dignità, posizione, onore, qualsiasi titolo, autorità, ufficio e qualsiasi potestà anche se tutti ed ogni singolo così promosso od eletto prima non si fossero scostati dalla fede e non fossero stati eretici e incorsi nello scisma o non lo avessero provocato o cagionato“ (bolla „Cum ex apostolatus officio“, § 6)

Secondo questa bolla non si può neanche più partire dal fatto che ci sarebbe stata una “pars minor et sanior”, cioè degli elettori legittimi, poiché anche questi avevano perso il loro ufficio a causa dell'eresia (Mons. Guérard des Lauriers sosteneva, in merito all'eresia dei vescovi e cardinali italiani, una posizione piuttosto singolare che si basava sulla sua esperienza con questi signori quali studenti: di fronte al dott. Hiller e a me si era espresso una volta dicendo che i prelati italiani, che quasi tutti erano stati nel suo auditorio, sarebbero così stupidi da non essere neanche capaci di sostenere eresie, perché non sapevano che cosa fosse un’eresia). Qui non trova applicazione la disposizione del CIC secondo la quale le violazioni di legge punite con delle censure non limitano il diritto di voto dei cardinali, perché non si tratta di delitti giuridici ma di delitti di fede.

Viene ancora argomentato che Giovanni Paolo II sarebbe soltanto un eretico materiale ma non formale, che cioè sostiene un'eresia ma non sa che è un'eresia. Ci si renda conto una volta che cosa con ciò si pretende da noi di pensare: il supremo maestro e custode della dottrina non sa cosa deve inseg-nare e custodire! Queste sono le scappatoie teologiche che gente come Ricossa mantengono aperte per non dover trarre conseguenze decisive. Una tale concezione è esclusa secondo il canone 16 §2a del CIC per cui il titolare di un ufficio, specialmente quando si deve trattare del titolare del magistero della Chiesa, non può far valere di non conoscere la propria fede!!! Siccome Wojtyla è stato consacrato vescovo ancora sotto Pio XII, la sua ortodossia prima doveva essere appositamente provata in un processo di informazione e definizione (cfr. CIC, cann. 330 e 331).

3. Un eretico come papa, come successore di san Pietro?

Il quesito se un eretico possa essere papa, i dottori della Chiesa e i teologi che si sono occupati di questo problema, la hanno negata univocamente come già esposto sopra (Bellarmino, Gaetano, Suárez). Il rev. dott. Otto Katzer che nell'area di lingua tedesca occupava una posizione analoga a quella di P.Suárez y Arriaga nel Messico, ha approfondito questo argomento nell'articolo „Unbesetzter Apostolischer Stuhl” (“Sede appostolica non occupata“; EINSICHT VIII/5, dicembre 1978, pagg. 168 ss., ristampa su EINSICHT XXXII/1, pagg. 13 s.). Secondo lui “la sede apostolica […] può essere non occupata:

1. in seguito alla morte fisica del papa,
2. in seguito alla morte morale del papa.

Moralmente morto è il papa che ha manifestamente peccato contro la dottrina della fede o della morale. Ma con ciò la sede apostolica non resta orfana, come sottolinea  papa Pio VI nella sua famosa e per i nostri tempi così importante costituzione apostolica ‘Auctorem fidei’, richiamandosi a san Pietro Crisologo 10): ‘Pietro che vive sul suo trono e che presiede, offre ai richiedenti la verità della fede’. Ciò avviene con i giudizi infallibili e irrefragabili della sede apostolica.“

La disposizione di Bellarmino secondo la quale „Papa haereticus depositus est“ (cioè un giudizio di accertamento: “è deposto”) viene completata dalla formula di Gaetano „deponendus est“ (va deposto) nel senso che questo giudizio di accertamento dev’essere reso noto, cioè la persona di cui si tratta dev’essere dichiarata deposta dalla ed al cospetto della Chiesa, perché la Chiesa è una società giuridica visibile, che dev’essere informata dello status del suo capo. Esattamente ciò ha fatto Mons. Ngô- dinh-Thuc con la sua DECLARATIO del 25 febbraio 1982. Certo, la DECLARATIO non è stata la prima ad accertare la sedevacanza e ad indicarne le necessarie conseguenze, ma è l'unico documento di un ex-titolare di alto rango e molto stimato, il quale ha fatto questo accertamento e lo ha proclamato pubblicamente. Anche se non venne redatto ufficialmente ma soltanto “ex caritate”, cioè per la cura del bene della Chiesa, tuttavia Mons. Ngô-dinh-Thuc, quale vescovo della Chiesa cattolica romana, ha pronunciato questo accertamento in maniera giuridicamente vincolante per i fedeli. La DECLARATIO costituisce quel documento con il quale possiamo sostenere la nostra resistenza e le ulteriori attività anche sotto l’aspetto giuridico, al di là della giustificazione in base al giudizio personale (che cioè la gerarchia è in apostasia). 11)

La tesi di des Lauriers secondo la quale “un papa caduto in eresia” (notabene: un papa eletto legittimamente!) sarebbe un “Papa materialiter”, cioè un papa che potenzialmente lo può ancora essere, viene quindi univocamente confutata. L'ufficio papale ha termine esattamente quando il titolare cade in eresia, cioè quando, per così dire, egli stesso si depone. L’artifizio secondo il quale egli non sarebbe consapevole della propria eresia, cioè non sarebbe un eretico formale, non può, come sarà dimostrato, essere applicato. Perché? Perché non può essere che colui che, quale successore del vicario dì Gesù Cristo, è stato istituito qui sulla terra come supremo maestro e custode dell’incolu-mità della fede, possa proclamare contemporaneamente la verità e la non-verità. Non si può schizofrenicamente scindere l'identità della persona di un papa in un’identità “materiale” e in un’altra identità “formale”, perché allora costui, come tale, non sarebbe più in grado di preservare la propria identità come persona. Una tale spaccatura schizofrenica della persona sarebbe, vista nella sua sostanza, non solo contraddittoria ma anche assurda.

Chi, come il papa, pretende l’infallibilita in materia di fede e morale, chi rappresenta d’ufficio la verità nelle materie indicate, non può contemporaneamente essere anche il rappresentante dell'errore e della non-verità. Ciò, se riferito alla persona di cui si tratta, significherebbe non solo ammettere la contraddizione, ma introdurre la schizofrenia quale principio nella teologia. Nel momento in cui Giovanni Paolo II mostra di propagare anche l'errore, come ha sottolineato Mons. Guérard des Lauriers dicendo che egli abitualmente sostiene l'eresia, egli cessa, anche potenzialmente, di essere il rappresentante della verità infallibile.

La tesi che dice: “Giovanni Paolo II è papa quando proclama qualcosa di ortodosso e non lo è quando divulga qualcosa di eretico”, comporterebbe inoltre che ciascun fedele dovrebbe decidere ogni volta sull'ortodossia o eresia del papa. Con ciò l'autorità magisteriale di Roma verrebbe trasferita a ciascun singolo fedele e non varrebbe più il principio „Roma locuta causa finita“, anzi, quando Roma ha parlato, la dicussione presso i fedeli potrebbe partire per bene. La supema autorità risiederebbe presso il primo che capita.

4. Attendere la conversione, oppure: prestiti presso Samuel Beckett

Come si presenterebbe sotto tale presupposto (della tesi del “Papa materialiter, non formaliter”) la restituzione della Chiesa ovvero la sua ricostruzione? 12) Giacché il “Papa materialiter” rimane papa potenziale (pur facendo propaganda dell'erore o persino dell'apostasia) tutto sta solo a vedere che ridiventi papa anche “formaliter”. Cioè egli sarà contemporaneamente “Papa formaliter” e “materia-liter”, quando sosterrà di nuovo posizioni ortodosse. Gli aderenti a questa opinione, come don Ricossa, aspettano quindi che Giovanni Paolo II si converta di nuovo. Occorre solo aver sufficiente fiducia nella provvidenza divina, che noi sedevacantisti ovviamente non abbiamo. N.b. l'attivismo che noi spiegavamo, quando fantasticavamo di ricostruzione, anzi di una elezione papale, ha irritato anche il vescovo Storck!

Con ciò la crisi concernente la restituzione dell'autorità sarebbe superata... almeno per quanto riguarda la persona di Giovanni Paolo II. Con ciò però non è ancora chiarito il trattamento da riservare agli altri vescovi eretici o apostati che dovrebbero essere trattati in maniera analoga secondo il motto “episcopus materialiter, non formaliter”. (Ma forse il ritorno del papa dallo stato di “Papa materialiter” all'ortodossia implica anche quello degli “Episcopi materialiter”). Sulla certezza del diritto e sul riacquisto della giurisdizione da parte di questi riconvertiti non parlano né des Lauriers né Ricossa. Ma che cosa succede se Giovanni Paolo II nei suoi decreti mescola vigorosamente ortodossia ed eresia (Wojtyla è un maestro di dialettica!), agisce egli allora da papa “materialiter” ma contemporamente anche da papa “formaliter/non formaliter”? Il gioco assurdo può essere continuato finché si vuole.

Ho sempre paragonato questa attesa della conversione di Mons. Wojtyla all’“L'attendere Godot“ descritto nel dramma omonimo di Samuel Beckett. Ivi si attende Godot di cui si sà che non arriverà mai... si tratta quindi di un'attesa completamente inutile. Con tali assurdità si possono congegnare pezzi teatrali (per rappresentare l'assurdità) ma non promuovere la teologia né la ricostruzione della Chiesa. Era sfuggito a Mons. Des Lauriers che l' apostasia appartiene ai peccati irreversibili, che cioè si tratta della ricusazione della verità, della verità vivente!, in sé e per sé? Lo hanno dimenticato i suoi discepoli cui appartiene anche l’Abbé Sanborn negli Stati Uniti?

Nel frattempo i fedeli devono continuare la loro vita religioso-ecclesiale: criticare il criticabile, appellarsi ai ‘vescovi’ e al ‘Santo Padre’, non ‘obbedire’, se le disposizioni contraddicono la fede. Ma se poi, vuoi per zelo eccessivo vuoi per impazienza, si fanno consacrare dei sacerdoti e vescovi, questi sono naturalmente indizi scismatici ... forse perché nonostante tutto non si ha fiducia nella provvi-denza divina?

Per chiarire una volta tanto le conseguenze assurde risultanti da queste posizioni che per Ricossa e la sua comunità „Mater boni consilii“ (la quale comunità forse chiede i suoi consigli altrove!) apparentemente sono più importanti di tutto il resto della fede cattolica, con un esempio tratto dalla sfera militare: un generale commette alto tradimento consegnando la sua patria insieme all' armata da lui comandata al nemico. Invece di far condannare questo generale da parte di un tribunale di guerra e a far nominare un nuovo generale, i des-Lauriersisti consigliano di aspettare finché a questo reo di alto tradimento venga in mente di cambiare nuovamente il fronte, affinché gli possano di nuovo servire in fedeltà. Nel frattempo i soldati, ‘pieni di speranza del cambiamento di mentalità del loro generale (detto teologicamente: pieni di fiducia in Dio) lasciano illimitatamente fare i nemici.

Con ciò spero di aver chiarito sufficientemente che:

a) la tesi del “Papa materialiter, non formaliter” è teologicamente insostenibile e che
b) il tenerla ferma impedirebbe l’urgentemente necessaria restituzione ovvero ricostruzione della Chiesa.

Perciò ai des-Laurieristi non rimane altro che mollare questa tesi e associarsi al sedevacantismo come formulato nella DECLARATIO di Mons. Ngô-dinh-Thuc, e riconoscere e sostenere insieme le direttive ivi proclamate per la ricostruzione della Chiesa. Altrimenti noi sedevacantisti dobbiamo smettere di vedere in loro degli alleati per le nostre attività ecclesiali. Allora non sarebbe (più) possibile continuare la cooperazione, neanche nel campo pastorale.

Un capitolo sulle opportunità perdute, oppure: dallo stato dì necessità al caos

Alla fine ancora alcune note sulla nostra situazione attuale. Se si considera il comportamento dei fredeli, ma specialmete quello dei sacerdoti e vescovi, che asseriscono di lavorare per la conservazione della fede e per la ricostruzione della Chiesa, si deve purtroppo constatare dappertutto settarietà e rassegnazione. Nei tempi successivi alla proclamazione della DECLARATIO, a prescindere dagli sforzi per la riunificazione dei fedeli intrapresi all'inizio degli anni ‘90 dal vescovo Carmona, nel frattempo defunto, e che il vescovo Dávila intende continuare, non è avvenuto nulla per restituire la Chiesa come istituzione di salvezza. In una maniera un po’ più nobile la situazione è stata descritta dal vescovo Dávila durante la sua ultima visita a Monaco quando diceva: “Noi sacerdoti negli ultimi 20 anni ci siamo occupati soltanto di problemi pastorali.“

Questo lavoro pastorale può però giovare soltanto se inquadrato in delle strutture ecclesiastiche; infatti la somministrazione dei sacramenti fin qui praticata non è legittima se non si agisce con l’intenzione di compiere un atto della Chiesa! Soltanto ad essa, alla Chiesa, Cristo ha affidato la somministrazione dei sacramenti. Altrimenti tutto sarebbe puro settarianismo. Perciò l’obiettivo prioritario di tutti i nostri sforzi dev’essere quello di accelerare questa restituzione della Chiesa. Cristo infatti ha fondato la Chiesa come istituzione di salvezza, non come mera comunità di fede, per garantire in maniera affidabile che la sua dottrina e i suoi mezzi di grazia vengano tramandati senza subire falsificazioni. La ricostruzione della Chiesa quale istituzione di salvezza è perciò richiesta dalla volontà del suo fondatore divino. Qui però sorge un dilemma: da una parte manca attualmente la giuristizione ecclesiastica necessaria per assolvere a questo compito, poiché la gerarchia è in apostasia, dall'altra parte la ricostruzione è il presupposto necessario della restituzione di questa stessa autorità ecclesiastica. Per questo problema dev’essere trovata una chiara soluzione teologica!

Se ci si limita ad insistere sullo stato di necessità che sussiste in tutto il mondo (la mancanza dell’ autorità e dell’unità) non si giustifica l’agire di iniziativa soltanto personale e l'attivismo da parte di alcuni chierici, né si definisce la situazione in maniera teologicamente completa. Una tale mentalità racchiude anche in sé il pericolo del settarianismo, in quanto ognuno ne potrà trarre per sé le conseguenze che crede. Ciascun sacerdote attivo nella cura d'anime deve rendersene conto e deve dimostrare (e questo è un suo dovere nei confronti dei fedeli!) che egli agisce quale sacerdote della Chiesa cattolica! Altrimenti egli si bolla ipso facto come settario che si arroga solo illegittimamente poteri sacerdotali. Richiamarsi alle ordinazioni valide non è sufficiente per presentarsi quale sacerdote della Chiesa cattolica. A nessuno verrebbe per esempio in mente comprarsi una divisa e un fucile per pre-sentarsi poi come soldato dell’esercito tedesco o messicano.

Quale sarebbe la soluzione? Per restare con l'esempio: egli sarebbe un soldato effettivo soltanto se fosse chiamato alle armi da questo esercito e se prestasse giuramento. Applicato alla Chiesa, questo paragone significa: egli sarebbe vero sacerdote soltanto se potesse dimostrare di essere stato incaricato dalla vera Chiesa. Il problema sta dunque nel dire dove si trovi questa Chiesa nelle condizioni attuali e in quale senso ci si possa considerare incaricati da essa.

Contro questo ragionamento viene obiettato che per superare i problemi attuali non occorre nessuna strategia ad hoc, ma basta appellarsi al principio dello stato di necessità. Una tale concezione non è soltanto falsa, ma anche altamente pericolosa! Con un provvedimento di emergenza si vuol soltanto impedire che si verifichi un determinato stato di cose: voglio che qualcosa non si verifichi. Con questa intenzione però non indico (ancora), che cosa dovrebbe avvenire. Se per esempio costruisco una diga, voglio impedire che un fiume straripi e devasti la terra. Con questa misura non ho però ancora indicato come voglio coltivare la mia terra. Cioè ho ancora bisogno di un’apposita idea positiva su come utilizzare la terra, come coltivarla.

Ritorniamo al nostro proprio immediato passato ecclesiastico: era necessario consacrare vescovi sen-za mandato pontificio per salvare la successione apostolica minacciata, come ha fatto Mons. Ngô-dinh-Thuc. Sarebbe però un grande sbaglio ritenere di poter rinunciare in futuro a condizioni regolari, in ultima analisi al mandato pontificio. Infatti l'invocazione dello stato di necessità oramai serve per tutte le azioni settarie, persino per la riprovevole consacrazione di sacerdoti sposati. Se voi, pregiati ascoltatori, vi guardate solo una volta attorno, scorgerete che non si è verificato esattamente quello che doveva essere raggiunto con le misure di necessità di una volta, cioè il salvataggio della successione apostolica e della Chiesa. Noi ci troviamo in un settarianismo autocagionato! Vi ricordo ancora una volta quale sia la causa di attualità e il punto di partenza di questa relazione 13), cioè le consacrazioni episcopali scandalose che McKenna ha motivato con quella tesi la cui insostenibilità io vi volevo dimostrare. Quali abissi si sono aperti qui! Quindi per la ricostruzione della Chiesa, per la sua restituzione quale istituto di salvezza, abbiamo bisogno di progetti propri

- che siano teologicamente fondati
- che da un lato tengano conto delle realtà attuali
- che d'altro canto siano idonei a trasformare queste realtà dimodoché la Chiesa in ultima analisi ridiventi roccaforte della rivelazione divina e comunità dei fedeli sotto un papa eletto legittimamente.

Notas:
1) I sottoscritti don Franco Munari, don Francesco Ricossa, don Curzio Nitoglia e don Giuseppe Murro, obbediendo alla dottrina della Chiesa cattolica secondo la quale è necessaria una revoca ufficiale in seguito alla pubblicazione di dottrine false sulla fede e sulla morale, dichiarano pubblicamente di ritrattare i seguenti errori che essi hanno insegnato o per lo meno ammesso implicitamente come corrispondenti a verità, in modo che li si credesse, nel periodo dal 1982 fino al ’85, cioè durante la loro appartenenza alla fraternità sacerdotale San Pio X,:
1. Al papa romano l'infallibilità spetta soltanto nelle decisioni “ex cathedra” (cioè quando insegna dei dogmi).
2. Il magistero ordinario ed universale della Chiesa non è infallibile.
3. Il concilio vaticano II può esser non infallibile sia come concilio pastorale sia come concilio dogmatico.
4. È permesso e di solito comandato rifiutare l'obbedienza all'insegnamento dottrinale, morale e liturgico dell'autorità legittima (papa e vescovi), benché si riconosca che alla medesima autorità spetta la piena autorità in virtù dell’istituzione divina della Chiesa.
5. È possibile che l'autorità legittima (il pontefice romano) della Chiesa universale promulghi e imponga delle leggi (rito della messa, sacramenti, codice del diritto canonico) che contengono errori, eresie, nonché elementi dannosi per la salvezza delle anime.
6. È possibile che un vero papa autentico, un vero vicario di Cristo possa essere contemporaneamente scismatico, apostata e in rottura con la tradizione e che i suoi atti debbano essere considerati irriti e nulli.
Le DICHIARAZIONI ERRONEE sopra richiamate violano mortalmente il dogma cattolico della ISTITUZIONE DIVINA DELLA CHIESA, il suo MAGISTERO, l'INFALLIBILITÀ della Chiesa e del PONTEFICE ROMANO. I sacerdoti sottoscritti con questa revoca pubblica chiedono perdono ed anche preghiere a qualunque persona alla quale essi avessero dato scandalo, e assicurano che con l'aiuto di Dio non sosterranno mai più simili errori (citato da KE n.3/1996, pag. 80).
2) Così per esempio sul quotidiano SÜDDEUTSCHE ZEITUNG del 26 luglio 2002: „ L'82enne non riesce più tener la testa diritta, non parla più chiaramente, la saliva scorre dalla sua bocca, ciò no-nostante Giovanni Paolo II è volato a Toronto per farsi festeggiare da 200.000 giovani. Contro il parere dei suoi medici ha intrapreso il viaggio strapazzante, si impone una rovinosa prestazione d’energia. Ciò sostiene solo chi è profondamente convinto di agire in base a un mandato superiore e difficilmente qualcuno più fermamente di Giovanni Paolo II crederà di essere lo strumento di Dio: Dio lo ha scelto per condurre la Chiesa cattolica nell'21° secolo. Maria lo ha lasciato sopravvivere alla pallottola dell' attentatore, ora deve sopportare la malattia impostagli. „Un uomo dei dolori, familiare con la malattia“, così recita il libro di Isaia sul sofferente servo di Dio e Karol Wojtyla, segnato dal dolore, ne vede ovviamente l’immagine in sé stesso. Egli deve continuare la sua strada  fino in fondo“.
3) P.L. 120, Paschasius Radbertus, Liber de Corpore et Sanguine Domini, col. 1317.
4) Ad sacrosancta Concilia a Philippo Labbe et Gabriele Cossartio edita Apparatus alter, Venetiis 1728.
5) Defensio Fidei, lib. V. De antichristo, Tom XX., Cap XXI, 7.
6) Romani Pontificis in definiendo infallibilitas breviter demonstrata. Thyrsi Gonzales S.J., Parisiis 1698.
7) Controversia de Romano Pontifice, lib. II cap. XXX.
8) Si confronti con ciò la bolla di Paolo IV „Cum ex apostolatus officio“ §1: “In considerazione di questa faccenda così difficile e pericolosa, il pontefice romano, che è vicario di Dio e del nostro signore Gesù Cristo in questo mondo, ha l’illimitata plenipotenza sui popoli e sui regni e decide come giudice su tutti, senza soggiacere in questo mondo ad alcuna sentenza giudiziaria; ma gli si può contraddire se risulta che si è scostato dalla fede.”Si confronti con ciò la bolla di Paolo IV „Cum ex apostolatus officio“ §1: “In considerazione di questa faccenda così difficile e pericolosa, il pontefice romano, che è vicario di Dio e del nostro signore Gesù Cristo in questo mondo, ha l’illimitata plenipotenza sui popoli e sui regni e decide come giudice su tutti, senza soggiacere in questo mondo ad alcuna sentenza giudiziaria; ma gli si può contraddire se risulta che si è scostato dalla fede.”Si confronti con ciò la bolla di Paolo IV „Cum ex apostolatus officio“ §1: “In considerazione di questa faccenda così difficile e pericolosa, il pontefice romano, che è vicario di Dio e del nostro signore Gesù Cristo in questo mondo, ha l’illimitata plenipotenza sui popoli e sui regni e decide come giudice su tutti, senza soggiacere in questo mondo ad alcuna sentenza giudiziaria; ma gli si può contraddire se risulta che si è scostato dalla fede.”
9) „Cum ex apostolatus officio“ §2: Tutti coloro che finora si sono scostati dalla fede cattolica, sono caduti in eresia o nello scisma o lo hanno provocato o cagionato, se sono stati riconosciuti tali, se si sono professati tali o sono stati convinti tali o (cosa che Dio nella sua grazia e bontà voglia evitare a loro) continuano a scostarsi dalla fede, a cadere in eresia o nello scisma o a provocarlo, cagionarlo o che verranno riconosciuti come persone che si sono scostate dalla fede, che sono cadute in eresia o nello scisma o lo hanno provocato o cagionato, o che lo professeranno o ne saranno convinti, questi, quale che sia il loro stato, grado, rango, la loro professione e dignità eccellente, e anche se avessero dignità vescovile od arcivescovile o fossero patriarchi, primati o possedessero un altra maggiore dig-nità ecclesiastica, o fossero dotati di dignità cardinalizia od occupassero l'ufficio, perpetuo o limitato nel tempo, di un legato della sede apostolica ovunque nel mondo, tutti questi, così vogliamo e deter-miniamo, si attireranno le sentenze, censure e pene citate.”„Cum ex apostolatus officio“ §2: Tutti coloro che finora si sono scostati dalla fede cattolica, sono caduti in eresia o nello scisma o lo hanno provocato o cagionato, se sono stati riconosciuti tali, se si sono professati tali o sono stati convinti tali o (cosa che Dio nella sua grazia e bontà voglia evitare a loro) continuano a scostarsi dalla fede, a cadere in eresia o nello scisma o a provocarlo, cagionarlo o che verranno riconosciuti come persone che si sono scostate dalla fede, che sono cadute in eresia o nello scisma o lo hanno provocato o cagionato, o che lo professeranno o ne saranno convinti, questi, quale che sia il loro stato, grado, rango, la loro professione e dignità eccellente, e anche se avessero dignità vescovile od arcivescovile o fossero patriarchi, primati o possedessero un altra maggiore dig-nità ecclesiastica, o fossero dotati di dignità cardinalizia od occupassero l'ufficio, perpetuo o limitato nel tempo, di un legato della sede apostolica ovunque nel mondo, tutti questi, così vogliamo e deter-miniamo, si attireranno le sentenze, censure e pene citate.”
10) P.L. 54, 743 ss.
11) Per confrontare una volta questa posizione con quella degli Ecônisti: anch’essi hanno il problema della mancante autorità pontificia, perché rifiutano altrettante delibere del concilio vaticano II e le riforme iniziate da esso. Ma lo fanno per un altro motivo. Essi non contestano che un papa quale eretico cessi di essere papa, ma contestano che Giovanni Paolo II abbia decisamente diffuso eresie, egli sarebbe soltanto ‘liberale’ o ‘modernista’ e nuocerebbe con ciò alla Chiesa, per cui ci si opporrebbe alle sue disposizioni. Con questa posizione ‘tradizionalista’, cioè teologicamente non provata, essi sul piano argomentativo si mettono su un ghiaccio molto sottile, come dimostrano tutte le loro trattative condotte con Roma.
12) Noi sedevacantisti genuini ci distinguiamo per il fatto che oltre a constatare che la sede apostolica non è occupata, intendiamo che essa debba essere occupata di nuovo.
13) L’esposizione di cui sopra, tradotta in spagnolo, è intesa per il convegno destinato a raccogliere i cattolici ortodossi, e che avrà luogo alla fine d’agosto a Cid, Juárez/Mexiko.





 
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